Crowdfunding e social lending: nuove forme di finanziamento
Il social lending, o peer-to-peer lending, è un prestito personale erogato da privati ad altri privati utilizzando Internet e bypassando i tradizionali canali di intermediazione finanziaria.
“In Italia il social lending è una industry che, per quanto piccola e recente, sta cercando di trovare un proprio spazio nel mercato” – ha dichiarato Simone Capecchi, Direttore Sales & Marketing di Crif.
Dopo la crisi finanziaria del 2008, questa tipologia di finanziamento, appartenente all’ambito del crowdfunding, è decollata, e nel 2012 ha superato il miliardo di dollari di prestiti erogati.
Dalla ricerca commissionata da Crif a Sda Bocconi (Peer-to-peer lending: mito o realtà?), la prima in Italia dedicata a questa nuova forma di finanziamento, risulta che, nel 2014, sono state scambiate risorse per un volume complessivo pari a 11 miliardi di dollari, registrando una variazione del 140% in USA ed Europa, e del 300% in Asia (rispetto al 2013). Inoltre, si prevedono volumi triplicati per il 2015, calcolati attorno ai 34 miliardi di dollari.
Questa ricerca, oltre ad indagare aspetti legati ai tassi d’interesse applicati a livello globale ed alla rischiosità dei prestiti erogati, ha esaminato la situazione italiana, cercando di profilare i possibili utilizzatori del social lending.
Dall’analisi risulta che i soggetti interessati a questo canale di finanziamento si mostrano generalmente critici nei confronti del sistema bancario, pur dichiarando un livello di confidenza minimo con la banca e di non aver avuto problemi con l’intermediario di riferimento.
Ma qual è il profilo dell’utilizzatore tipo?
L’indagine cerca di tracciare l’identikit dei potenziali utilizzatori: uomini con un titolo di studio medio-alto, attenti alla minimizzazione dei costi del finanziamento e con una propensione al rischio più elevata. Tale soluzione alternativa, è maggiormente considerata dagli utilizzatori frequenti di Internet, attivi sui social network o sui siti di e-commerce.
Il potenziale investitore, invece, non sarebbe influenzato dall’esperienza maturata sulla rete, ma dalle esperienze di concessione di finanziamenti realizzate in passato e dalla fiducia, nei confronti del prossimo e della propria banca, oltre che dalla propensione al rischio. Questo segmento sarebbe formato da uomini con età medio-bassa, che non rappresentano la principale fonte di reddito del nucleo familiare.
A quanto pare, nonostante oltre i due terzi degli intervistati abbiano manifestato una propensione basso o molto bassa a ricorrere a questo modello, si hanno segnali di coinvolgimento da parte dei cluster più dinamici della popolazione.
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